Day #35bis - Walk the line
Sono le 5.00 del mattino di un giorno che non sappiamo quale sia, e siamo partiti alle 10 del mattino di due giorni fa, o almeno così crediamo. Mancano 300km ad Ulan Ude e circa 15 minuti all’ennesimo cambio turno di questa maratona sul Jimny che ci porterà all’arrivo.
Abbiamo dovuto lasciare Fujiko circa 1.400km fa, con il cofano imbrattato d’olio fuoriuscito dal buco nella testata. Un paesino in mezzo al niente dove non c’era speranza di trovare un coperchio per testate e verificare se il motore aveva subito danni, oltre alla solita assenza del secondo cilindro.
Dopo tante battaglie, tanto arrancare, è stata dura realizzare che non ci avrebbe portato fino all’arrivo.
C’è un aereo che ci attende domenica. E così abbiamo dovuto puntare sulla solidità del Jimny, centromediano metodista del rally, per rispettare almeno l’ultima scadenza. E dopo un mese di clausura in abitacolo, di strade sconnesse, di privazione del sonno e guida continua, abbiamo scelto una maratona di.. clausura, privazione del sonno e guida continua. È già un lusso non avere le strade sconnesse.
Ci sono vari viaggi nel viaggio, durante il Mongol Rally. C’è la preparazione, i suoi mille cazzi burocratici; c’è il momento in cui realizzi che hai iniziato dicendo “tiriamo su qualche soldo per beneficenza” e poi invece ti trovi a raccogliere anche le monetine perché sei entrato a contatto con storie e persone che meritano quello sforzo in più. C’è la partenza, e l’incoscienza del “cosa vuoi che succeda”. C’è l’Europa rassicurante come una madre, quasi pedante nel suo essere familiare e sicura. C’è il primo impatto con l’Asia, il salto nel diverso, e il senso di dilatazione del tempo. Ci sono le montagne, gli sterrati, la sabbia, le buche, l’altitudine, le mulattiere, la grandine, le mandrie, i burroni, il buio. C’è quel momento in cui realizzi che, ehi, non è scontato farcela e forse è anche semplice mandare tutto a puttane in un momento. E c’è l’ultima settimana, quella della spoliazione, dell’arrivo ad ogni costo, quella in cui fare violenza ad ogni ostacolo che possa impedirti di arrivare a quella maledetta linea.
Ad. Ogni. Costo. Quella. Maledetta. Linea.
Mentre entriamo ad Ulan Ude il sole non si è ancora mostrato ma già illumina la finish line, nonostante fino ad un centinaio di chilometri prima diluviasse. Un piccolo palco dove salire con l’auto per le foto di rito e realizzare a fatica che sei un “Mongol Rally veteran”. Da Goodwood a qui sono 16.830km per 19 stati. Done, cazzo, è fatta!
Ma eccolo, Vladimir Vladimomic, il nostro uomo del carro attrezzi che consegna Fujiko alla finish line. Non avrete mica pensato che l'avessimo abbandonata?